Le problematiche demografiche del lavoro non potevano non riflettersi anche in sanità ove il fenomeno dei lavoratori giovani e magari lontani dalle famiglie di origine con difficoltà di gestione delle problematiche familiari, e d’altro canto di lavoratori sempre più anziani è sempre più rilevante con rischi, aspettative e problematiche del tutto diverse dai lavoratori più giovani.
In UE15 nel 2025 i lavoratori di età tra 50 e 64 anni saranno il 35%, il doppio dei minori di 25 anni in quanto la sostenibilità economica richiede una maggior durata della vita lavorativa. Le differenze tra persone sono maggiori delle differenze tra classi di età: vi è maggior variabilità nell’anziano che nel giovane, e un anziano allenato può aver maggiore capacità di un giovane sedentario. I deficit possono manifestarsi solo quando le richieste lavorative eccedono la capacità di lavoro, anche se il calo di funzionalità dell’anziano può essere compensato dall’adattamento delle abilità, non tutti i lavori richiedono il massimo delle prestazioni e pertanto non è indispensabile abbandonare il lavoro quando è possibile un miglioramento attraverso la riprogettazione di condizioni di lavoro. Anche le differenze nella resistenza allo stress sono maggiori tra individui che tra classi di età: a volte gli anziani (in buona salute) percepiscono meno stress dei giovani, anche se, nella nostra esperienza quotidiana il lavoro notturno è universalmente considerato molto meno tollerato nell’anziano.
Il Convegno vuole porre l’attenzione sul problema e ricercare possibili soluzioni per l’attività quotidiana. Nell’ambito dell’evento, Pietro Checcucci e Roberta Fefè hanno predisposto un intervento finalizzato ad illustrare i risultati più significativi della ricerca sulle buone prassi di age management nelle grandi imprese private.