Risoluzione del Parlamento europeo

  • Fonte: G.U.U.E.
  • Numero fonte: -1
  • Data fonte: 01/12/2006
Risoluzione del Parlamento europeo sulle sfide demografiche e la solidarietà tra generazioni (2005/2147(INI))

Thesaurus: Inclusione sociale

Il Parlamento europeo,

– vista la sua risoluzione del 14 marzo 1997 concernente la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla situazione demografica nell’Unione europea (1995),

– vista la sua risoluzione del 12 marzo 1998 sulla relazione della Commissione in materia demografica del 1997,

– vista la sua risoluzione del 15 dicembre 2000 sulla comunicazione della Commissione “Verso un’Europa di tutte le età – promuovere la prosperità e la solidarietà fra le generazioni”,

– vista la comunicazione della Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo “La risposta dell’Europa all’invecchiamento della popolazione mondiale. Promuovere il progresso economico e sociale in un mondo che invecchia. Un contributo della Commissione europea alla seconda assemblea mondiale sull’invecchiamento” (COM(2002)0143),

– visto il Patto europeo per la gioventù, adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles del 22-23 marzo 2005,

– vista la comunicazione della Commissione “Libro verde: ‘Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici'” (COM(2005)0094),

– visto l’articolo 45 del suo regolamento,

– visti la relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali e i pareri della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (A6-0041/2006),

A. considerando che il cambiamento demografico, riconducibile tra l’altro ad una maggiore aspettativa di vita, non può essere considerato solo come un problema, ma rappresenta anche una sfida positiva per le società che accomuna persone di tutte le età e offre possibilità che finora non esistevano,

B. considerando che la strategia di Lisbona sottolinea la necessità di una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro per raggiungere gli obiettivi della piena occupazione e di posti di lavoro di elevata qualità,

C. considerando che la direttiva 92/85/CEE(4) prevede misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento,

1. plaude alla comunicazione della Commissione “Libro verde: ‘Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici’ (Libro verde)”; 2. accoglie favorevolmente l’approccio a livello europeo assunto dalla Commissione con la presentazione del Libro verde dinanzi ad una delle sfide più importanti per la politica e per la società; sottolinea tuttavia nel contempo che molte questioni attinenti ai cambiamenti demografici della società sono di competenza esclusiva degli Stati membri, per cui non sussistono competenze comunitarie generali in vista di regolamentazioni europee in questo settore;

3. esprime rammarico in relazione al fatto che il Libro verde della Commissione non integri sistematicamente la prospettiva di genere, sia in termini di analisi macroeconomica che microeconomica, sebbene ciò sia essenziale per elaborare riflessioni e sviluppare azioni di vasta portata;

4. ritiene che il cambiamento demografico e le sue conseguenze sulla società rivestano importanza fondamentale per il futuro degli Stati membri e dell’Unione; invita quindi la Commissione a riconoscere il cambiamento demografico come compito trasversale e a tenerne adeguatamente conto sotto forma di mainstreaming in tutte le attività dell’Unione;

5. osserva che i mutamenti demografici associati a una ridotta crescita economica e al persistere di un alto tasso di disoccupazione aumenteranno col tempo la portata di tali sfide in modo esponenziale; conclude che la crescita pertanto deve essere incrementata e va ridotto l’elevato tasso di disoccupazione per contrastare le conseguenze negative del mutamento demografico;

6. esprime la propria sorpresa per il fatto che il Libro verde menzioni solo marginalmente gli aspetti di politica sanitaria connessi ai cambiamenti demografici; sottolinea che l’invecchiamento della popolazione determina un aumento quantitativo e qualitativo della domanda di servizi sanitari e di assistenza a lungo termine; è convinto che gli investimenti in misure per la prevenzione delle malattie lungo l’intero arco della vita costituiscano uno strumento importante per far fronte ai cambiamenti demografici, sotto il profilo umano e finanziario; sottolinea che quanto maggiori sono gli anni di vita sana di cui le persone possono godere, tanto più a lungo esse possono rimanere attive e lavorare;

7. concorda sul fatto che, in presenza di un calo della natalità, la crescita economica può essere garantita attraverso misure finalizzate all’innalzamento del tasso di occupazione, all’innovazione e al miglioramento della produttività, nonché attraverso la modernizzazione dei sistemi di protezione sociale;

8. è favorevole, a fronte del sensibile mutamento del quadro delle condizioni demografiche, ad una nuova solidarietà intergenerazionale e ad un ulteriore sviluppo dei modelli sociali esistenti nell’Unione europea la cui finalità essenziale dovrebbe essere quella di garantire la partecipazione sociale, la sicurezza sociale e la coesione sociale per tutte le persone e favorire il potenziale di tutte le generazioni;

9. riconosce che differenti Stati membri si confrontano attualmente con problemi comuni in tale settore ed esaminano differenti soluzioni con un grado variabile di successo; ritiene che non esista una soluzione unica per tutti, in particolare in una Unione a 25 o più Stati membri; sottolinea che l’esigenza di un approccio diversificato alle sfide demografiche è accresciuta dalle rilevanti disparità osservate nelle diverse regioni e subregioni degli Stati membri, disparità che richiederanno approcci immaginativi, non uniformi;

10. deplora che il Libro Verde non ponga in risalto l’importanza della salute riproduttiva e sessuale contestualmente ai cambiamenti demografici; fa osservare che l’infertilità, segnatamente quella maschile, è in aumento, soprattutto nelle zone fortemente industrializzate, e che in alcuni paesi europei tale problema, causato, fra l’altro, dall’inquinamento da sostanze chimiche, interessa fino al 15% delle coppie;

11. esprime disappunto sul fatto che il Libro verde non abbia tenuto conto del numero crescente di famiglie monoparentali che sono per l’85% costituite da donne e che per la maggior parte sono soggette a un più elevato rischio di povertà e necessitano quindi di sostegno specifico;

12. prende atto dell’esperienza degli Stati membri in cui esiste un “reddito minimo garantito”;

13. si dichiara preoccupato per le differenze sanitarie esistenti tra Stati membri, regioni e gruppi sociali; sottolinea che tali differenze (minore aspettativa di vita, frequenti malattie croniche, problemi di salute legati alle condizioni di vita), unitamente al basso tasso di natalità e ai movimenti migratori, possono determinare un ulteriore aumento delle disparità regionali, creando un circolo vizioso difficile da spezzare; invita gli Stati membri a segnalare le differenze sanitarie onde pervenire, con il supporto della Commissione, a uno scambio sistematico delle prassi di eccellenza e a un’effettiva soluzione del problema;

14. sollecita gli Stati membri a riconoscere il cambiamento demografico come sfida comune e a decidere, in occasione del Consiglio europeo di primavera, un rafforzato scambio di esperienze sulle conseguenze del cambiamento demografico e di prassi consolidate, soprattutto in settori come l’invecchiamento attivo, le condizioni di vita delle famiglie e la possibilità di conciliare vita professionale e vita familiare;

15. ritiene che tutti gli Stati membri possano imparare di più gli uni dagli altri attraverso uno scambio più intenso delle prassi migliori, in particolare con i paesi scandinavi in cui l’alta partecipazione di uomini e donne al mercato del lavoro si associa ad uno dei tassi di fertilità tra i più elevati in Europa e la possibilità di disporre di strutture di assistenza ai bambini, gratuite o a prezzi accessibili, opportunità di congedo parentale e norme in materia di congedo di maternità costituiscono altrettanti fattori in grado di contribuire all’elevata partecipazione delle donne al mercato del lavoro;

16. si compiace che l’Unione europea intenda venire in aiuto degli Stati membri, attraverso misure volte a migliorare le condizioni quadro, per ridurre la discrepanza fra il numero di figli desiderati dai genitori (2,3) e quello effettivo dei figli (1,5);

17. invita la Commissione e gli Stati membri a realizzare e a diffondere studi sulle modifiche demografiche verificatesi in ogni Stato membro, tenendo conto delle cause e delle conseguenze prevedibili di tale evoluzione a breve termine;

18. propone che in sede di comparazione delle prassi migliori concernenti la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia tenuto conto delle prassi in uso negli altri paesi;

19. sottolinea che la necessità di creare le condizioni favorevoli affinché le coppie abbiano il numero di bambini che desiderano è il presupposto per l’esistenza e lo sviluppo di qualsiasi società, tenuto conto delle sfide sociali ed economiche comportate dal decremento del tasso di natalità e che bisogna agire per sostenere la maternità e la paternità;

20. ritiene che, se molte donne o coppie decidono di limitare il numero dei figli o di rinviarne la nascita, ciò non corrisponde ad una scelta bensì ad una preferenza forzata, imposta dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita privata e familiare; ritiene che non sia solo nell’interesse dei genitori consentire loro di avere il numero di bambini che desiderano e il momento in cui averne, ma anche nell’interesse dell’intera società, dato l’attuale calo delle nascite in Europa; sollecita gli Stati membri a prendere misure che permettano di sostenere la creazione e la messa in opera di asili nido di alta qualità e strutture di assistenza di giorno per bambini, persone anziane, disabili e persone non autonome e a prezzi abbordabili a tutti senza considerazioni di reddito; sottolinea che ciò è essenziale al fine di consentire la piena e pari partecipazione di uomini e donne al mercato del lavoro, per permettere alle donne di partecipare al mercato del lavoro in armonia con la loro vita personale e aiutare alla conciliazione di vita familiare e di lavoro;

21. invita gli Stati membri a promuovere provvedimenti fiscali atti ad incentivare l’aumento della natalità e richiama l’attenzione sulla necessità di garantire alle donne, dopo il parto, tutela e sostegno specifici, specie alle giovani madri nubili;

22. invita gli Stati membri ad analizzare costi e benefici delle attività lavorative non retribuite, volontarie e precarie intraprese dai giovani per inserirsi nel mercato del lavoro; segnala i possibili nessi fra tali attività e i bassi tassi di fertilità, a seguito delle difficoltà per ottenere un alloggio e della mancanza di stabilità; invita le imprese private a riesaminare le proprie politiche a tale proposito;

23. è del parere che la parità di genere e la lotta contro le discriminazioni ai danni delle donne sul posto di lavoro, per quanto riguarda sia l’occupazione e l’attribuzione di responsabilità che la retribuzione, possano e debbano svolgere un ruolo decisivo a livello della creazione delle famiglie, del sostegno ad esse e, contemporaneamente, della riduzione del basso tasso di natalità registrato in Europa;

24. invita gli Stati membri ad impegnarsi in misura maggiore nell’individuazione e il superamento degli ostacoli alla promozione delle famiglie, compresi gli ostacoli al di fuori del luogo di lavoro, mediante misure intese a:

i) consentire una maggiore flessibilità sul posto di lavoro, riconoscendo le necessità dei lavoratori, affinché questi possano adattare l’orario di lavoro alle esigenze familiari ed effettuare acquisti nei negozi;

ii) migliorare l’accesso, attualmente limitato, al mercato degli alloggi, ad esempio promuovendo un accesso più facile al finanziamento ipotecario, così che un maggior numero di persone possa acquisire la proprietà e conquistare più presto la propria indipendenza;

iii) elaborare politiche fiscali più favorevoli alla famiglia;

iv) promuovere strutture di assistenza per i bambini e le persone dipendenti più ampie ed accessibili; v) promuovere la creazione di scuole locali più prospere;

vi) migliorare la compatibilità degli orari lavorativi con gli orari scolastici, promuovendo al tempo stesso la flessibilità dell’orario di lavoro e combattendo la cultura dell’orario prolungato;

vii) continuare a promuovere l’uguaglianza sul posto di lavoro;

viii) rinnovare gli sforzi per promuovere l’uguaglianza nell’ambiente domestico, una più equa divisione dei compiti domestici e familiari e l’eliminazione di stereotipi attraverso campagne d’informazione e sensibilizzazione del pubblico;

25. invita gli Stati membri ad accrescere la disponibilità di alloggi dignitosi per le famiglie, segnatamente per quelle monoparentali e per gli anziani, ad esempio “progetti intergenerazionali”, in collegamento con lo sviluppo urbano e rurale e la pianificazione urbana e regionale;

26. chiede la modernizzazione e lo sviluppo dei sistemi nazionali di sicurezza sociale, in particolare nel settore dell’assistenza ai bambini e alle persone dipendenti, pur riconoscendo che si tratta di un settore di competenza degli Stati membri; rileva che le famiglie monoparentali e le donne anziane che vivono sole sono particolarmente esposte alla minaccia dell’esclusione sociale, dell’isolamento e dell’impoverimento e che pertanto, al momento di considerare tale riforma, occorrerà prestare un’attenzione particolare all’obiettivo di migliorare il tenore di vita e la partecipazione sociale di questo gruppo in espansione della popolazione;

27. auspica un intervento degli Stati membri a favore di una sburocratizzazione delle misure a sostegno delle famiglie nel settore dell’assistenza ai figli;

28. sottolinea che, malgrado i progressi realizzati dagli Stati membri in termini di incremento del tasso di occupazione delle donne, sussistono o si rinforzano altre discriminazioni legate al lavoro femminile; invita in particolare, in tale contesto, gli Stati membri ad applicare correttamente la direttiva 75/117/CEE del Consiglio, del 10 febbraio 1975, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile(5) ; sottolinea che il divario salariale constatato fra uomini e donne e il fatto di continuare ad assegnare a queste ultime posti scarsamente remunerati e al di sotto delle loro qualifiche riducono l’indispensabile indipendenza economica delle donne, che è strettamente connessa con la decisione di avere figli; raccomanda agli Stati membri di sostenere lo sviluppo dell’occupazione femminile e l’accesso delle donne a posti di lavoro di qualità, nonché la parità di trattamento in materia di salario;

29. chiede agli Stati membri, in accordo con gli obiettivi del Consiglio europeo di Barcellona del 2002, in cui si afferma che, entro il 2010, gli Stati membri dovrebbero fornire un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni, di presentare obiettivi analoghi per quanto riguarda i servizi di assistenza agli anziani e ai disabili;

30. ritiene che i cambiamenti demografici richiederanno infrastrutture educative e sociali nuove e migliori sia per i giovani che per gli anziani, comprese maggiori strutture per la formazione lungo tutto l’arco della vita, l’assistenza ai bambini, le cure sanitarie e l’assistenza agli anziani; sottolinea la necessità di strutture sociali migliorate, concepite per promuovere la vitalità delle persone anziane e reintegrarle più attivamente nella vita sociale;

31. sottolinea che, in molti Stati membri, sussiste il forte rischio che gli impegni finanziari dei governi si rivelino insostenibili a lungo termine e che ciò comporta una necessità urgente di riforma; rileva che è fondamentale che le istanze decisionali dell’Unione europea esaminino la sostenibilità finanziaria della nuova legislazione sociale e di quella vigente;

32. invita gli Stati membri a promuovere la qualità del posto e dell’ambiente di lavoro per facilitare l’attuazione di formazioni professionali lungo tutto l’arco della vita, consentendo alle donne e agli uomini di far fronte agli obblighi familiari e, al contempo, alle esigenze del mercato del lavoro;

33. invita gli Stati membri a identificare l’uguaglianza tra i sessi e l’equilibrio tra lavoro e vita privata come priorità governative;

34. rileva che per finanziare i crescenti costi della sicurezza sociale è necessaria una crescita economica dinamica e sottolinea che quest’ultima si potrà avere solamente incoraggiando l’innovazione; nota che le misure fiscali quali l’aumento delle tasse ai fini del finanziamento della previdenza sociale sono meno sostenibili sul lungo periodo a causa della riduzione della base imponibile e del tasso di dipendenza più elevato, senza contare l’urgente necessità di stimolare l’imprenditorialità in Europa; evidenzia pertanto la necessità di un approccio politico onnicomprensivo al momento di esaminare la riforma della sicurezza sociale;

35. ritiene che occorra andare oltre il concetto di “Stato sociale” secondo cui la responsabilità primaria della previdenza spetta allo Stato, orientandosi verso una “società del welfare” in cui tutte le parti interessate riconoscano che anche anch’esse hanno la responsabilità di sostenersi l’un l’altra e che tale responsabilità può contribuire ad un reciproco rafforzamento;

36. sottolinea che il miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita familiare per i singoli individui dovrebbe costituire una priorità costante per i governi; ritiene che tale equilibrio possa essere minacciato dall’aumento della disoccupazione e del carico di lavoro individuale; osserva che orari di lavoro più flessibili per donne e uomini, purché risultino da una libera scelta e non siano imposti da pressioni economiche, possono aiutarli a conciliare lavoro e vita familiare in modo più soddisfacente; conclude che ciò dovrebbe obbligare i governi a consentire ai singoli di operare scelte autenticamente libere piuttosto che sostituirsi a questi e scegliere per loro;

37. sollecita la Commissione a consultare entrambe le parti sociali in merito alla possibilità di conciliare meglio vita professionale e vita familiare;

38. ritiene che rendere il luogo di lavoro più favorevole alla vita di famiglia sia un argomento economico che merita una maggiore promozione; raccomanda che gli Stati membri stabiliscano degli orientamenti per le imprese che desiderano adottare misure in questo senso, tenendo conto delle sfide particolari per le piccole e medie imprese (PMI);

39. invita gli Stati membri a sviluppare regole che creino congedi pagati di maternità/paternità al momento della nascita di un bambino e a promuovere il diritto congedo parentale, equamente ripartito fra donne e uomini; invita insistentemente gli Stati membri, in tale contesto, a combattere i pregiudizi sociali e culturali associati al diritto al congedo parentale per gli uomini; invita la Commissione a rivedere la direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES; ritiene che sia opportuno poter ricorrere al congedo parentale sia da parte dei padri che delle madri con pari garanzia del posto di lavoro; è favorevole ad un sistema di incentivi che favorisca una ripartizione del congedo parentale tra i partner e rimborsi dei costi necessari per allevare i figli; invita la Commissione a consultare entrambe le parti sociali su un’eventuale revisione della riforma del congedo parentale effettuata nel 1996, con l’obiettivo di prorogare il periodo minimo da tre a sei mesi;

40. rammenta agli Stati membri il terzo principio della Carta europea per le piccole imprese, secondo cui queste ultime possono essere esentate da taluni obblighi regolamentari; invita gli Stati membri e la Commissione a dare un’applicazione pratica a detto principio;

41. non sottolinea mai abbastanza l’importanza dell’accesso all’istruzione, allo sviluppo di qualifiche, di tecnologie e di opportunità di formazione lungo tutto l’arco della vita, unite alla promozione di una cultura della formazione che incoraggi la partecipazione delle persone di tutte le età, in particolare di coloro che entrano nel mercato del lavoro o che intendono ritornarvi; sottolinea l’esigenza di attribuire priorità alle qualifiche concrete, quali le competenze tecniche e linguistiche, al fine di ottimizzare la mobilità individuale, l’adattabilità e la capacità occupazionale nonché la realizzazione personale; sottolinea l’importanza di interventi tesi ad evitare un abbandono prematuro degli studi e l’esigenza di puntare a metodi alternativi di valutazione per l’accesso a un’ulteriore formazione; ritiene in particolare necessaria la formazione delle persone meno giovani in settori quali le tecnologie dell’informazione, per rimuovere gli ostacoli che potrebbero impedire loro di continuare a partecipare al mercato del lavoro; incoraggia a tal fine lo sviluppo di metodi particolari di formazione per le persone meno giovani;

42. chiede quindi agli Stati membri di offrire, sopratutto ai lavoratori anziani, l’opportunità di seguire programmi di perfezionamento professionale per garantirne l’attiva partecipazione alla vita lavorativa fino all’età della pensione; invita la Commissione in questo contesto ad autorizzare i programmi operativi per il Fondo sociale europeo solo qualora contengano una priorità in materia di misure di perfezionamento professionale destinate agli anziani;

43. è favorevole alla conclusione di partenariati tra i governi e le parti sociali, in conformità degli usi e delle prassi nazionali, al fine di favorire l’occupazione dei lavoratori anziani, attraverso misure contro la discriminazione basata sull’età, un orario di lavoro più flessibile e misure di reinserimento destinate ai lavoratori anziani che hanno perduto il posto di lavoro;

44. ritiene che le imprese private europee, tutelando concretamente le categorie sociali più a rischio (dagli anziani ai disabili, e in particolare i giovani genitori), migliorando la sicurezza nei luoghi di lavoro e promuovendo un’organizzazione del lavoro che garantisca una più estesa accessibilità, abbiano un ruolo cruciale da svolgere per la promozione e l’attuazione attiva delle pari opportunità, in particolare per quanto riguarda la politica familiare e la lotta contro la discriminazione sulla base dell’età, del sesso e dello stato civile; aggiunge che le imprese dovrebbero farsi carico della loro responsabilità sociale e affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione con iniziative quali la promozione di orari di lavoro flessibili, lavoro a tempo parziale, ad esempio, in particolare per quanto riguarda i genitori, i futuri genitori e i lavoratori più anziani;

45. rileva che la legislazione UE sulla discriminazione in base all’età è stata finora inefficace nel conseguire i suoi obiettivi ed esorta gli Stati membri a migliorare i propri sforzi per applicare l’attuale legislazione antidiscriminazione UE in questo settore, in particolare la direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;

46. sostiene l’iniziativa della Commissione a favore di una direttiva quadro relativa all’applicazione dell’articolo 13 del trattato CE;

47. conclude sull’opportunità di sottolineare con maggiore forza l’interesse delle imprese a trattenere i lavoratori più anziani in considerazione del potenziale offerto da tale gruppo; ritiene che occorra incoraggiare le persone a lavorare più a lungo e a dare loro la possibilità di farlo; è necessario inoltre che i datori di lavoro si rendano conto che ciò è nell’interesse di entrambe le parti; ritiene che le persone meno giovani in buono stato di salute rappresentino una risorsa positiva per la società più che una minaccia economica; ritiene inoltre che si debba porre maggiore enfasi sull’esito positivo dell’Anno europeo dell’anziano e della solidarietà tra generazioni celebrato nel 1993;

48. esorta le imprese ad offrire modelli di orari di lavoro più flessibili che tengano conto delle varie fasce di età e aprano, sviluppino e mettano a punto, soprattutto per chi ha figli e per i lavoratori anziani, opportunità di lavoro corrispondenti ai bisogni;

49. ritiene che gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le imprese a sviluppare il concetto di “home-sourcing”, in cui imprese innovative assumono individui che scelgono di lavorare da casa in orari a loro convenienti, collegati collettivamente “e-connected” con l’impresa principale;

50. è del parere che le parti sociali debbano garantire un mercato del lavoro accogliente, dove si possano creare più posti di lavoro flessibili, e garantire che sul mercato del lavoro ci sia posto per tutti e bisogno di tutti;

51. rileva che, considerata la mobilità dei lavoratori europei e la centralizzazione dei mercati del lavoro, si rivela necessario non solo approfondire la reciproca conoscenza dei vari regimi di sicurezza sociale, ma anche garantire la flessibilità del passaggio da un sistema nazionale all’altro, in una forma che si applichi ad assicurazioni pubbliche, private o di altro tipo;

52. sottolinea l’importanza di preservare il patrimonio di conoscenze dei lavoratori che vanno in pensione, in particolare nel settore pubblico dove, ad esempio in Francia, il 50% della forza lavoro pubblica sarà ammissibile al pensionamento nei prossimi dieci anni; sollecita gli Stati membri ad incoraggiare tanto il settore privato che quello pubblico ad adottare misure proattive al fine di evitare la perdita di un’esperienza e di una competenza preziose, ad esempio attraverso l’impiego di tali persone quali “tutori” di coloro che entrano nel mercato del lavoro, un pensionamento graduale e l’applicazione di programmi di formazione lungo tutto l’arco della vita; chiede inoltre agli Stati membri di accordare un’assistenza speciale alle PMI a tal fine;

53. ritiene che specifica attenzione meriti la grande vecchiaia (persone al di sopra degli 80 anni), ricorda che il 25% di essi non è autosufficiente ed invita la Commissione a presentare una proposta che miri a ridurre questo dato tramite misure di prevenzione collettiva ed individuale e che affronti il tema dei sistemi di protezione sociale pubblici e dei servizi socio-sanitari per le persone non autosufficienti;

54. riconosce tuttavia che le professioni ad elevata intensità di lavoro, quali ad esempio la posa di tetti, l’edilizia e l’agricoltura, devono far fronte a sfide più ardue per avvalersi della capacità produttiva dei lavoratori più anziani e incoraggiare i giovani neoassunti; incoraggia gli Stati membri a elaborare buone prassi per tali professioni onde evitare penuria di personale e perdita di competenze;

55. riconosce il potenziale delle case protette che consentono agli anziani di vivere autonomamente più a lungo, creando un ambiente sociale in cui possono vivere fra coetanei usufruendo eventualmente di assistenza medica e domiciliare;

56. incoraggia gli Stati membri e le aziende private ad abolire il sistema automatico in base al quale a una maggiore età corrisponde un livello più elevato di retribuzione, riconoscendo che alcuni lavoratori vicini al pensionamento, pur apprezzando una certa retribuzione, potrebbero non avere bisogno della medesima retribuzione o dello stesso orario dei primi anni; sottolinea l’importanza di configurazioni lavorative più flessibili, come ad esempio il lavoro part-time, quale potenziale soluzione per gli ultimi anni di lavoro;

57. incoraggia gli Stati membri ad abolire qualsiasi disincentivo per i lavoratori anziani a prolungare la vita lavorativa, segnatamente riguardo all’imposizione fiscale e alle pensioni, e a esaminare diverse possibilità di convincere i lavoratori in età pensionabile a rinunciare a una quota della pensione, continuando nel frattempo a fruire di una retribuzione lavorativa;

58. rileva che gli anziani possono svolgere un ruolo positivo provvedendo alla cura dell’infanzia e che le giovani generazioni possono a loro volta garantire l’assistenza alle persone dipendenti; chiede agli Stati membri e ai datori di lavoro di dimostrare una maggiore consapevolezza di questa realtà;

59. osserva che talvolta, come ad esempio nel caso di leggi contro le discriminazioni basate sull’età, l’approccio normativo può avere effetti controproducenti, in quanto suscettibile di scoraggiare se non addirittura di impedire alle imprese di assumere lavoratori più anziani; chiede che gli Stati membri esaminino più approfonditamente l’impatto e l’applicazione di una siffatta legislazione, per determinare se le disposizioni in questione hanno l’effetto desiderato; insiste inoltre affinché siano tenuti sotto osservazione lo spirito e la lettera della predetta legislazione antidiscriminazione;

60. sottolinea che l’invecchiamento della popolazione dell’Unione europea si tradurrà probabilmente in un maggior numero di persone con disabilità; rileva il persistere di un elevato tasso di disoccupazione tra le persone appartenenti a questo gruppo; invita i governi e le imprese a dare l’esempio nell’agevolare l’accesso al mondo del lavoro per i soggetti in questione;

61. lamenta il fatto che l”invecchiamento attivo” sia definito quasi esclusivamente nella strategia di Lisbona in termini di occupazione remunerata, laddove il concetto dovrebbe essere esteso per includervi le attività non remunerate quali, ad esempio, l’attività di organizzazioni volontarie, civiche, politiche o di altro tipo; riconosce che un impegno di questo tipo nella società, in forme di lavoro non remunerate, richiede un reddito adeguato sulla base di altre fonti; riconosce che l”invecchiamento attivo” è strettamente legato all’aumento dell’età pensionabile e ritiene che tale iniziativa possa offrire una risposta al mutamento demografico;

62. riconosce che i sistemi pensionistici rientrano nelle competenze degli Stati membri; ritiene tuttavia che, per quanto riguarda l’ammissibilità alle pensioni, i lavoratori del settore pubblico e privato dovrebbero essere trattati nello stesso modo, senza accordare un trattamento preferenziale a un settore piuttosto che all’altro; ritiene che si debbano adottare misure per promuovere un pensionamento graduale e flessibile, tenendo conto dell’aumento della vita media e del miglioramento generale delle condizioni di salute; riconosce che, poiché si vive più a lungo, si può anche lavorare più a lungo e chiede ai governi di prendere in considerazione l’eventualità di adottare incentivi finanziari per incoraggiare le persone in questo senso;

63. ritiene che tutti gli Stati membri possano imparare di più gli uni dagli altri attraverso uno scambio delle prassi migliori più intenso per quanto riguarda le riforme pensionistiche;

64. sottolinea, a fronte dell’andamento demografico, l’importanza fondamentale dell’efficienza e della sostenibilità finanziaria dei regimi di sicurezza sociale, soprattutto di regimi pensionistici che promuovano pensioni adeguate e durature, nonché di sistemi sanitari che siano basati sui principi della solidarietà, della giustizia e dell’universalità, al fine di migliorare l’accesso di ogni cittadino, in caso di malattia o necessità di cura, a un’assistenza adeguata e di elevata qualità; invita gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per modernizzare i sistemi pensionistici, per garantire la validità finanziaria e sociale di tali sistemi e consentire agli Stati membri di gestire le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione;

65. ritiene che la riforma dei regimi pensionistici nazionali non debba incentrarsi soltanto sull’esigenza di rendere finanziariamente sostenibili tali regimi ma che debba contribuire altresì a una maggiore sostenibilità finanziaria della vita degli anziani;

66. ritiene tuttavia difficile che le pensioni pubbliche possano soddisfare le esigenze in termini di reddito dei pensionati; è del parere che gli Stati membri debbano attribuire maggiore importanza e investire più energie nello sviluppo di adeguati regimi pensionistici integrativi e nell’incentivare il risparmio privato;

67. ritiene che le pensioni pubbliche a livello nazionale, a prescindere dall’entità fissata dagli Stati membri, debbano essere di diritto equamente disponibili per tutti e che in quanto tali non debbano essere soggette alla verifica dei mezzi;

68. rammenta che i titolari di piccole aziende subiscono i mutamenti demografici allo stesso modo dei lavoratori subordinati; esprime preoccupazione per il fatto che nei prossimi 10 anni un terzo dei titolari di piccole aziende europee andranno in pensione e incoraggia tutti gli interessati a promuovere l’imprenditoria, non soltanto per recuperare le capacità e le conoscenze del gruppo in questione ma anche per controbilanciare l’impatto negativo sulla crescita;

69. ritiene che le politiche dell’immigrazione intese a promuovere l’integrazione economica, sociale e giuridica sostenibile degli immigrati rivestano un’importanza vitale per realizzare un equilibrio tra i diritti e le responsabilità rispettive di immigrati e società di accoglienza e che i meccanismi di ammissione per i cittadini di paesi terzi debbano essere gestiti in modo efficace e trasparente; condizioni essenziali del processo d’integrazione sono il trattamento paritario attraverso l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro gli immigrati e i loro figli e uno stretto allineamento con le politiche in materia di occupazione e di affari sociali; tali politiche dovrebbero essere incoraggiate al fine di alleviare talune sfide demografiche; riconosce tuttavia che l’immigrazione in se stessa non risolve tutti i problemi associati ai mutamenti demografici e crea le sue proprie difficoltà;

70. constata che nelle regioni dell’Europa orientale esiste un massiccio movimento migratorio di giovani donne per cui queste regioni richiedono una politica economica e occupazionale responsabile e l’impiego mirato dei Fondi strutturali europei a favore delle donne sulla base delle disposizioni esistenti in materia di integrazione della dimensione di genere e della sua considerazione nell’ambito del bilancio;

71. riconosce che la gestione dell’immigrazione è di competenza degli Stati membri; ritiene che vadano compiuti maggiori sforzi in materia di istruzione e sviluppo di competenze per gli immigrati e le comunità etniche;

72. ritiene che la percentuale di persone appartenenti a minoranze etniche tra gli anziani che richiedono un’assistenza a lungo termine sia in forte aumento in alcuni Stati membri; ritiene inoltre che non si debba partire dal presupposto che gli immigrati e i loro figli preferiranno tornare nel paese d’origine, in particolare in età avanzata o una volta che i loro figli saranno stati allevati all’interno dell’Unione europea; aggiunge che, quantunque la disponibilità di servizi di assistenza di qualità per i bambini e gli anziani sia importante per tutti i gruppi etnici, in particolare per le donne, il suo impatto può variare da un gruppo etnico all’altro e che occorre tenerne conto al momento di pianificare tali servizi; sottolinea che la lotta contro la discriminazione e il trattamento paritario nella fornitura di tali servizi rivestono parimenti un’importanza fondamentale; raccomanda che si tenga particolare conto di tale aspetto, segnatamente per quanto concerne la comparazione delle prassi migliori;

73. constata che non è stata finora dedicata sufficiente attenzione all’integrazione dei migranti, il che si riflette nello scarso successo scolastico e in un’ampia esclusione di questi nuovi cittadini; invita quindi gli Stati membri a rafforzare le misure di integrazione soprattutto per i migranti residenti già da tempo nell’Unione;

74. sottolinea il ruolo importante delle donne migranti e invita gli Stati membri ad attribuire loro il posto che meritano nelle politiche di integrazione e a garantire tutti i loro diritti; sottolinea la tendenza a utilizzare in crescente misura le immigrate irregolari come badanti per persone non autosufficienti; rileva che tale gruppo potrebbe essere oggetto di sfruttamento e invita gli Stati membri ad occuparsi della questione;

75. sottolinea che gli immigrati che arrivano in Europa a un’età compresa tra i 30 e 40 anni potrebbero non avere alcun diritto a pensione; chiede agli Stati membri di individuare le migliori prassi nel far fronte a tale situazione, onde evitare di accrescere ulteriormente la pressione sui regimi pensionistici;

76. ricorda agli Stati membri che i mutamenti demografici interessano anche i paesi meno sviluppati, che parimenti devono far fronte alle sfide associate all’invecchiamento della popolazione, alla povertà e alla ripartizione non equa del reddito, nonché al problema in rapida crescita della disoccupazione giovanile; incoraggia i governi degli Stati membri e l’Unione europea a tener conto di tale fattore all’atto dell’elaborazione dei programmi di aiuto e cooperazione;

77. sottolinea che le politiche tese a privilegiare l’immigrazione di manodopera specializzata onde rafforzare le economie dell’Unione europea sono anche responsabili dell’effetto diametralmente opposto di indebolire le economie dei paesi di origine degli immigrati specializzati; ritiene che gli Stati membri debbano riconoscere le loro responsabilità a tale proposito;

78. sollecita gli Stati membri a migliorare la fornitura di servizi d’interesse generale nelle aree rurali, consentendo in tal modo alle persone più anziane di continuare a vivere più a lungo in modo autonomo, riducendo la domanda di sistemi sanitari e di sicurezza sociale ed evitando una cultura delle dipendenza prematura;

79. constata che, a causa del cambiamento demografico, occorre garantire i servizi di assistenza e cura negli Stati membri e sollecita un maggior scambio di buone prassi in questo settore; chiede che i servizi di assistenza e cura siano tutelati come servizi di interesse generale e invita quindi la Commissione a sancire questa tutela nel Libro verde sui servizi sociali;

80. sottolinea l’importanza di condividere informazioni e prassi migliori tra gli Stati membri sul modo in cui i sistemi sanitari possono prepararsi a far fronte all’accresciuta pressione cui sono sottoposti a causa dell’invecchiamento della popolazione;

81. raccomanda agli Stati membri di attuare politiche di prevenzione dei rischi di esclusione, in particolare per quanto riguarda l’esclusione scolastica o il rischio di perdere l’alloggio, e ricorda l’importanza di privilegiare tutte le azioni volte a conservare la solidarietà familiare, in particolare nell’ambito della protezione dei diritti del bambino, rispettando al contempo anche i diritti dei genitori;

82. sottolinea l’importanza di garantire attività culturali e ricreative mirate alla vecchia generazione nella consapevolezza delle possibilità offerte dalla cosiddetta “economia d’argento”;

83. raccomanda di prestare maggiore attenzione alla normalizzazione delle differenti ipotesi su cui i diversi Stati membri fondano le informazioni che trasmettono ad Eurostat così che le prassi migliori possano essere comparate e anche adottate più efficacemente;

84. invita la Commissione e gli Stati membri a fare ricorso al futuro Settimo programma quadro di ricerca per le questioni inerenti all’evoluzione demografica, al sostegno alla famiglia e alla promozione della salute;

85. invita la Commissione, nell’ambito del futuro programma comunitario PROGRESS, a effettuare studi, analisi e peer reviews appropriati sul cambiamento demografico e le sue conseguenze sulla società e i settori strategici interessati;

86. constata che, sebbene l’Unione europea debba continuare a raffrontare e a porre in contrasto le prestazioni, le esperienze e le prassi migliori degli Stati membri in relazione alla capacità di raccogliere le diverse sfide poste dai mutamenti demografici, le attuali istituzioni dell’Unione europea sono perfettamente adatte al riguardo e non sono pertanto necessarie ulteriori strutture dell’Unione;

87. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.